Daniele Rossi

Daniele Rossi si racconta: la difficile decisione di smettere di giocare («Volevo chiudere in bellezza, con una vittoria»), il suo rapporto con Maliseti («E’ cominciato tutto per gioco, oggi per me Maliseti è una seconda famiglia»), i momenti più belli, il ritorno dopo il grave infortunio al ginocchio, l’amicizia con Simone, i suoi mister, il gruppo, un futuro nel calcio tutto da disegnare («Mi voglio tenere tutte le porte aperte, adesso davvero non so»)…

«La decisione di smettere di giocare l’ho maturata progressivamente – spiega Daniele Rossi – nel corso di questa stagione. Gioco a calcio da quando ero bambino, a 7 anni ho cominciato nei Pulcini del Jolly Montemurlo, non è stata una decisione facile dopo 28 anni. Non c’è un unico motivo, sicuramente con il passare degli anni l’attività agonistica incide sempre di più sul tempo libero e sulla vita privata, diciamo che mi sentivo di chiudere in bellezza, con una vittoria. Chiudere nel momento più bello è una cosa che a molti sportivi non riesce, credo invece che non ci sia finale migliore della partita contro il Vernio. A ripensare a quella domenica ho ancora i brividi. La mattina ho deciso di preparare la maglietta, un gesto semplice per ringraziare tutti, non avrei mai pensato di mostrarla dopo un gol, poi la dedica con il cuore, sembra che il destino abbia predisposto tutto. E poi mi sento fortunato a chiudere fisicamente integro, non avrei mai voluto smettere per un grave infortunio. Nella mia testa avevo già maturato la decisione di smettere, non nego quindi che l’incidente di gioco contro le Piagge mi abbia un po’ destabilizzato…

Ho deciso di comunicare la mia decisione prima a Simone, ho dovuto scrivere, a parole non ce l’avrei fatta. Con i compagni preferisco parlarci adesso, dopo che la decisione è definitiva, mi viene più facile, anche se nelle ultime settimane avevo cominciato a fare qualche battuta e forse qualcosa hanno intuito…

Maliseti per me? E’ una seconda famiglia, la mia seconda casa. Non l’avrei mai detto, 15 anni fa, da montemurlese per me Maliseti era sempre stata la squadra ‘nemica’, con la maglia del Jolly ricordo di aver perso un campionato a vantaggio del Maliseti. Dal Jolly poi sono passato al Montemurlo, prima Juniores e poi Promozione, insomma ero sempre rimasto legato alla realtà del paese dove ero cresciuto. Poi nel ’97 ricordo di aver avuto una delusione dal Montemurlo, l’allenatore aveva deciso di non confermarmi, durante l’estate avevo avuto diverse richieste di società anche importanti, ma ero vincolato al Montemurlo e la società mi negò la possibilità di andare. Sono rimasto scottato, a 21 anni il calcio mi aveva un po’ stufato.

Sono rimasto fermo fino a febbraio ’98, quando tramite ‘Banana’ (Maurizio Luconi ndr) sono stato contattato dal Quinto Martini. Simone aveva chiamato a casa, riuscendo a farsi dare il mio numero di cellulare da mia sorella. Rispondendo al telefono, inizialmente non detti molto peso alla cosa, in fondo si parlava di un campionato Uisp. Per amicizia con ‘Banana’ decisi comunque di andare a fare una chiacchierata al Circolo. Rimasi sorpreso, perché mi trovai davanti un gruppo di persone, tra cui anche Mario Ponzecchi, che mi conosceva perché a Montermurlo avevo giocato con suo figlio Alessio. Dopo qualche giorno, un po’ per gioco, decisi di prendermi l’impegno per qualche mese. Ed immediatamente ho ritrovato l’entusiasmo che avevo perso. Legai subito con tutti, era un gruppo molto unito. Con Simone è nata subito una bellissima amicizia. Il resto è storia nota, la Terza Categoria, poi l’accordo con l’A.C. Maliseti, i campionati vinti, la Coppa Toscana, e ora la Promozione…

Tre istantanee di questi 13 anni a Maliseti? Il gol contro la Terranuovese, in Coppa Toscana di Seconda Categoria. Era la semifinale di ritorno, all’andata avevamo pareggiato 0-0 fuori casa, al ritorno stavamo 1-1, a 5′ dalla fine ho segnato il 2-1 con un gran tiro dal limite dall’area. Un gol che è valso la finale contro la Campese, poi vinta. Poi il ritorno in campo dopo l’infortunio al ginocchio, all’inizio del 2008 in amichevole contro la Fiorentina. Venivo da 10 mesi di calvario, rientrare proprio con la mia squadra del cuore è stato speciale. Infine la settimana dalla vittoria contro il Mezzana che ci ha dato la matematica certezza della Promozione alla festa in casa contro il Vernio, con il mio gol.

Il momento più brutto? Certamente l’infortunio al ginocchio nel marzo 2007, giocavamo a Comeana, dopo pochi minuti ho fatto tutto da me, una torsione, il ginocchio che fa crack. Ho capito subito che si trattava di un infortunio grave. Sono stati 10 mesi molto difficili, non ero più un ragazzino, qualcuno poteva anche mollare, si poteva operare ma non tornare all’attività agonistica. Invece volevo fortemente tornare in campo, e ci sono riuscito.

Il rapporto con i miei allenatori? Sono molto legato a Fabio e Fabrizio, due persone molto diverse tra loro, ma ugualmente uniche. Con Fabio ho anche giocato, quando ha smesso mi ha passato la fascia da capitano, abbiamo condiviso risultati positivi, vittoria, anche una retrocessione, al termine di una stagione molto particolare. C’è stato sempre un legame particolare, difficile da spiegare, da vecchia guarda del Circolo. So che mi avrebbe fatto giocare anche con un gamba sola. Con Fabrizio il rapporto invece è cresciuto nel tempo, prima c’è stato il rispetto e la stima, poi è arrivata l’amicizia. Ci siamo anche confrontati in alcuni momenti particolari, penso dopo l’addio di Stefano Viti a metà stagione. Due persone diverse che mi hanno dato davvero tanto.

Il gruppo? In questi anni ho incontrato tanti amici veri, che porterò sempre con me. Ogni tanto verrò a fare qualche sgambata in allenamento…

Un futuro nel calcio? E’ difficile per me ora rispondere, non ci ho mai pensato seriamente. Mi voglio tenere aperte tutte le strade, sinceramente non so se esiste un ruolo che potrei ricoprire e nel caso quale. Ci penserò, intanto mi fa piacere quello che mi ha detto Simone, ovvero che a Maliseti le porte per me saranno sempre aperte. Allenatore o istruttore della scuola calcio? I bambini mi piacciono molto, ma forse mi vedrei di più a guidare ragazzi più grandi. Non so, davvero…

Il n. 8? A Maliseti ho sempre avuto questo numero di maglia. L’ho scelto perché da ragazzo giocavo come centrocampista, e il mio primo numero di maglia era stato proprio l’8…»