Dopo 9 stagioni, 2 da calciatore e 7 da allenatore della formazione Juniores, Piero Carovani lascia Maliseti. Sensazioni, ricordi e qualche aneddoto…

Piero Carovani mi riceve nel suo ufficio: sulla parete, sopra il poster della Fiorentina (inevitabile il parallelo con l’addio di Prandelli), la foto della squadra della promozione, le classifiche dei campionati regionali e la copertina de L’Amaranto.

«Lasciare Maliseti dopo 9 anni, 2 da calciatore e 7 da allenatore, è una sensazione difficile da descrivere – commenta Carovani – da un lato c’è la consapevolezza che nel calcio niente è infinito, che un ciclo prima o poi debba finire fa parte del gioco. Compito di una società è prendere le decisioni che ritiene più opportune, quindi da parte mia c’è rammarico ma anche massimo rispetto per le scelte che sono state fatte. Allo stesso tempo mi sento come un ragazzo che saluta i genitori e va via di casa, per me Maliseti, il campo sportivo, è stato come una famiglia. Spero un giorno di poter tornare, più maturo, dopo aver fatto nuove esperienze in altre realtà. Prendo questo passaggio come un’opportunità di crescita…

I momenti più belli di questi anni? Sono stati tanti, dovendo scegliere dico il mio primo anno in panchina, stagione 2003/04, terzo posto e la presa di coscienza che a Maliseti si poteva fare bene con i giovani, quindi sicuramente l’anno della promozione, stagione 2005/06, campionato vinto senza subire sconfitte, il primo anno nei regionali, con il gruppo degli ’89, partenza difficile poi da dicembre ad aprile una serie di vittorie che ci porta a giocarci il campionato con la Colligiana, infine la stagione appena conclusa, il primo in cui si è cominciato a vedere davvero il lavoro del settore giovanile, terzo posto con un gruppo di ragazzi davvero eccezionali…

Aneddoti? Tanti, ricordo il viaggio verso Marina di Campo per l’andata di Coppa Toscana, portavo Rizzo ed Imbriano, siamo partiti da Prato domenica mattina alle 5, alle 9:30 abbiamo preso il traghetto da Piombino, la partita iniziava alle 14. Imbriano segnò anche un gol… E poi le trasferte in pulmino, quella a S.Donato quando Gori parcheggiò alla Coop a 15 km dal campo, o a Vicchio quando sotto il diluvio guidai io per arrivare in tempo per la partita… E quella volta che Molinaro chiuse Tasselli negli spogliatoi, era l’anno della promozione, e giocammo i primi 10’ del secondo tempo in 10…

Tanti ragazzi in prima squadra passati dalla Juniores? I primi sono stati Massai, Accardo, poi Marini, Morganti, Risaliti, Laveglia, Nocco, Amodio, Mancosu, Giandonati, ed ora in rampa di lancio ci sono i vari Papi, Russo, Casarin… Devo ringraziare Fabio Bichi e Fabrizio Rossi, abbiamo sempre lavorato a stretto contatto, condividendo un progetto, non mi hanno mai intralciato, semmai agevolato…

Il rapporto con Simone Bardazzi? Moschino è stato più di un direttore generale, è un amico. Il nostro è un rapporto fraterno, che va oltre il calcio. E’ stato Simone ad avviarmi alla panchina, dopo due stagioni da calciatore nell’allora Quinto Martini, il primo anno con il mitico “Molla” in panchina, il secondo, quello della promozione in Seconda Categoria, con Bichi allenatore. Avevo solo 25 anni, avevo altre proposte per continuare a giocare, ma mi piaceva l’ambiente Maliseti, così dissi a Moschino che volevo far parte della società, ma che non mi sentivo da scrivania. Prendemmo un caffè in via Tronci e mi propose la panchina della Juniores provinciale, accettai ma dissi che mi piaceva fare di testa mia. Simone disse vediamo e da lì è cominciato tutto…

E’ il momento dei saluti, mi sento di ringraziare tutte le persone che mi hanno accompagnato in questi anni a Malliseti, da Simone a Bruno Doni, Massimo Arezzini, Rio Leo, Vitali, il mitico Onofrio che ormai è uno zio a tutti gli effetti, passando per Molinaro e gli ultimi, fidatissimi, bracci destri Zanieri e Giandonati. E poi ovviamente i ragazzi…»